Un ricordo di Alda Merini
Un piccolo ricordo di Alda Merini, nata il 21 marzo del 1931 a Milano. Il bisogno di empatia, la ricerca dell’altro, ma anche la riflessione sulla malattia, sulla solitudine e sul desiderio di libertà sono stati al centro della sua poesia. Temi e valori d’attualità in questi giorni difficili di emergenza e di necessario ma forzato isolamento.
Ogni mattina
Ogni mattina il mio stelo vorrebbe levarsi nel vento
soffiato ebrietudine di vita,
ma qualcosa lo tiene a terra,
una lunga pesante catena d’angoscia
che non si dissolve.
allora mi alzo dal letto
e cerco un riquadro di vento
e trovo uno scacco di sole
entro il quale poggio i piedi nudi.
di questa grazia segreta
dopo non avrò memoria
perché anche la malattia ha un senso
una dismisura, un passo,
anche la malattia è matrice di vita.
ecco, sto qui in ginocchio
aspettando che un angelo mi sfiori
leggermente con grazia,
e intanto accarezzo i miei piedi pallidi
con le dita vogliose d’amore.
(da La Terra Santa, 1984)
I Poeti lavorano di notte
I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle
(da Testamento, 1988)
L’uccello di fuoco
L’uccello di fuoco
della mia mente malata,
questo passero grigio
che abita nel profondo
e col suo pigolio
sempre mi fa tremare
perché pare indifeso,
bisognoso d’amore,
qualche volta ha una voce
così tenera e nuova
che sotto il suo trionfo
detto la poesia.
(da La Terra Santa, 1984)