Il voto delle donne
La provincia di Livorno e il doppio voto del 2 giugno 1946
Conclusa la guerra e avviata fra mille difficoltà la ricostruzione materiale e civile del paese, l’Italia della seconda metà del 1945 attendeva anche il ritorno al funzionamento di quegli istituti rappresentativi piegati dal fascismo a logiche plebiscitarie e corporative e poi da esso liquidati in via definitiva. Fra i motivi di tensione che contribuirono a scuotere nei mesi finali di quell’anno l’armonia dei governi di unità antifascista, proprio la discussione sulla fissazione della data delle consultazioni elettorali assunse un crescente ruolo. Timorose di avvantaggiare le sinistre, per il ricordo ancora troppo vicino dell’esperienza emotivamente forte del movimento resistenziale, le forze moderate e le autorità alleate preferivano prendere tempo e cominciare a recuperare familiarità con la pratica del voto da elezioni con un tasso di “politicità” minore come quelle amministrative.
Fu così che la storia elettorale dell’Italia nuova, sorta sulle ceneri del fascismo e del secondo conflitto mondiale, si verificò ancor prima del fatidico 2 giugno con la convocazione dei seggi, a partire da inizio primavera, per la formazione dei Consigli comunali. Con una scelta percepita come parte essenziale del radicale rinnovamento democratico e popolare in atto, nelle città maggiori fu introdotto da subito il sistema della proporzionale pura destinato a diventare uno dei capisaldi della Repubblica dei partiti uscita dalla Resistenza, mentre in quelle sotto i 30.000 abitanti fu conservato il criterio maggioritario plurinominale del periodo prefascista. Nella gran parte dei comuni – più dell’80% – le consultazioni locali si svolsero fra il 10 marzo e il 7 aprile. Poiché la determinazione della data di svolgimento fu demandata ai prefetti, in considerazione delle devastazioni subite dai singoli territori e di eventuali esigenze di ordine pubblico, in alcuni centri il voto amministrativo fu posticipato in otto tornate che si sarebbero svolte in autunno. Un’articolazione temporale sfalsata che emerge con evidenza nel caso della provincia di Livorno, dove il capoluogo e altri comuni, fra cui Collesalvetti e Rosignano, furono ricompresi proprio in quest’ultimo gruppo. Ma nei municipi livornesi che si attennero alla tendenza di gran lunga prevalente a livello nazionale, quelle votazioni di poche settimane precedenti all’appuntamento del 2 giugno permisero, come altrove, di cominciare a intuire i rapporti di forza fra i partiti e la loro consistenza territoriale. Con punte di quasi l’85% a Piombino e a Bibbona, e del 79,9% a Campiglia Marittima, dove lasciò le briciole alla Dc e ai sui alleati, e con percentuali comunque largamente superiori al 60% a Cecina, Castagneto, Sassetta, e del 62% a Suvereto, la lista del blocco socialcomunista si impose in maniera netta. In tale panorama monocorde, in parte diversa si presentò la vicenda dell’isola d’Elba in cui l’esito finale fu ben più articolato. Le forze di sinistra ebbero il loro maggiore successo a Rio Marina (59,1%), che come Capoliveri vantava una combattiva tradizione operaia legata alle miniere e una piccola ma vitale presenza valdese. Furono però superate dal blocco moderato in cinque centri su otto, dove spiccò il 62,6% tributato da Campo nell’Elba alla coalizione a guida democristiana.
Si delineava una tendenza di lì a poco decisamente confermata dal referendum istituzionale e da quello per i membri dell’Assemblea Costituente. Nel caso della scelta fra repubblica e monarchia, la prima opzione prevalse infatti con largo margine in quasi tutti i comuni del territorio (registrando il suo record di preferenze, con l’89,9%, a Piombino); il capoluogo, con l’80,5% dei suffragi in favore del cambiamento istituzionale, fu una delle realtà cittadine dove il voto per la discontinuità si presentò più elevato (con una percentuale inferiore sul piano nazionale alle sole Ravenna, Cesena, Carrara e Grosseto). Ancora una volta, in linea con le amministrative primaverili, parziali eccezioni vennero dalla componente insulare della provincia dove in alcuni paesi elbani (Campo nell’Elba, Marciana, Porto Azzurro), come peraltro a Capraia, risultò maggioritario il sentimento di fedeltà ai Savoia.
Risultati Referendum 2 giugno 1946, provincia di Livorno
Lista | Repubblica (%) | Monarchia (%) |
Bibbona | 85,2 | 14,8 |
Campiglia Marittima | 83,4 | 16,6 |
Campo nell’Elba | 48,8 | 51,2 |
Capoliveri | 57,2 | 42,8 |
Capraia | 44,3 | 55,7 |
Castagneto Carducci | 70,6 | 29,4 |
Cecina | 75 | 25 |
Collesalvetti | 82,3 | 17,7 |
Livorno | 80,5 | 19,5 |
Marciana | 43 | 57 |
Marciana Marina | 63,8 | 36,2 |
Piombino | 89,9 | 10,1 |
Porto Azzurro | 49,8 | 50,2 |
Portoferraio | 65,8 | 34,2 |
Rio Marina | 65,8 | 34,2 |
Rio nell’Elba | 61,9 | 38,1 |
Rosignano Marittimo | 83,1 | 16,9 |
Sassetta | 73,3 | 26,7 |
Suvereto | 73,6 | 26,4 |
Questa geografia elettorale si tradusse naturalmente nella scheda per la Costituente in un voto massiccio a favore dei partiti dichiaratamente repubblicani, a partire da quello comunista premiato con il 45,3% dei voti su scala provinciale. Psiup e partito repubblicano ebbero nel complesso rispettivamente il 18,4% e il 7,1%, mentre la Dc conseguì il 20,7%. La contestualità dei due appuntamenti e la perfetta corrispondenza pertanto fra i due corpi elettorali consentono di capire con facilità il flusso delle preferenze fra i partiti e il voto referendario. In particolare, si può affermare con certezza che i voti alla monarchia vennero, oltre che dal movimento dell’Uomo Qualunque, da quasi l’intero cattolicesimo politico livornese. Nel capoluogo ad esempio furono solo poco più del 10% gli elettori democristiani che optarono per la repubblica, nonostante la segreteria avesse ufficialmente lasciato libertà di voto.
Risultati elezioni Costituente 2 giugno 1946, provincia di Livorno
Lista | Voti | % |
Partito Comunista Italiano | 64.386 | 45,3 |
Psiup | 26.209 | 18,4 |
Partito Repubblicano Italiano | 10.097 | 7,1 |
Dc | 29.421 | 20,7 |
Uomo Qualunque | 4.363 | 3,1 |
Risultati elezioni Costituente 2 giugno 1946, città di Livorno
Lista | Voti | % |
Partito Comunista Italiano | 28.288 | 44,9 |
Psiup | 10.879 | 17,3 |
Partito Repubblicano Italiano | 6.377 | 10,1 |
Dc | 12.022 | 19,1 |
Uomo Qualunque | 1.988 | 3,2 |
Approfondendo più in dettaglio il voto politico per i partiti, il successo comunista, a fianco a realtà come Modena e Reggio Emilia, fu a livello sia di provincia che di capoluogo uno dei più larghi dell’intera penisola. Pur dentro la vicenda di una Toscana che cominciava il suo percorso di “regione rossa” nella storia del dopoguerra italiano, si trattava di un’affermazione non priva di peculiarità. Rispetto ad altre aree della regione, si segnalava soprattutto una marcata e quanto mai rapida integrazione delle culture politiche prebelliche di sinistra nel “partito di massa” inaugurato da Togliatti. In primo luogo quella del glorioso socialismo italiano, che pure aveva avuto a Livorno un dirigente di notevole levatura e influenza come Giuseppe Emanuele Modigliani. Così mentre nella vicina e vasta provincia pisana, il Psiup, pur superato dall’alleato, conservava ad esempio un rilevante 23,7% nonché la maggioranza relativa in non pochi comuni, in altre aree come l’aretino o il comune di Firenze i socialisti limitavano a pochissimi punti percentuali il proprio distacco o mantenevano il ruolo di primo partito della sinistra come nel caso di Massa-Carrara.
Ma l’egemonia comunista sul passato sembrava estendersi ad altre tradizioni politiche di segno spiccatamente laico, progressista e radicale. Come altre zone del centro Italia e della Toscana, specialmente dell’area tirrenica, il territorio livornese aveva conosciuto fra fine Ottocento e inizio Novecento una diffusione ramificata di idee libertarie e repubblicane la cui capacità di tenuta si mostrava in alcune di tali realtà ancora significativa. A Carrara, città anarchica per eccellenza, il partito erede di Mazzini restava di gran lunga, con il 32,4%, la formazione elettoralmente più forte, e anche nel grossetano il simbolo dell’edera conservava una sua matrice popolare con il 20,1% dei consensi. In tanti territori e comuni quel ribaltamento dei rapporti di forza a sinistra destinato a dominare i successivi quarant’anni non era dunque avvenuto d’incanto e l’eredità politica del periodo prefascista continuava a farsi sentire.
La spiccata dinamica in atto a Livorno si dimostrerà invece ribadita e persino più marcata nelle amministrative posticipate al 17 novembre. Il Pci conquisterà nell’occasione ben 31 consiglieri su 50, grazie al 57,9% dei suffragi raccolti, mentre i suoi concorrenti a sinistra in cinque soli mesi sarebbero andati incontro a un ulteriore arretramento, perdendo in termini assoluti oltre quattromila prefernze sul versante socialista e quasi tremila fra le fila repubblicane.
Risultati elezioni comunali di Livorno del 17 novembre 1946
Lista | Voti | % | Seggi |
Partito Comunista Italiano | 28.052 | 57,94 | 31 |
Psiup | 6.258 | 12,93 | 6 |
Partito Repubblicano Italiano | 3.861 | 7,97 | 4 |
Dc | 5.916 | 12,22 | 6 |
Lista “Il Fanale” (Uomo Qualunque e Pli) | 3.128 | 6,46 | 3 |