di Francesco Dei (ETS, 2021). Alla fine della Seconda guerra mondiale l’esodo giuliano e dalmata svuotò le terre dell’estremo nordest – passate all’amministrazione e poi alla sovranità Jugoslavia – della loro popolazione italiana, o italianizzata. Nella neonata Repubblica, in cui gran parte di quegli italiani si reinsediò, alcune città mostravano, più di altre, i segni del conflitto: fra esse Livorno, ingombra di macerie e con tanti spazi requisiti, fino al 1947, dai militari alleati. Ma se pochi esuli si fermarono a Livorno, molti vi transitarono in cerca di lavoro o in attesa di una nave.
Costruito su fonti archivistiche e spogli di stampa, questo piccolo volume ricostruisce i vari livelli dell’assistenza pubblica e l’auto-organizzazione dei profughi, sotto la guida dei loro corregionali da tempo residenti in città; offre qualche dato sui posti di lavoro conservati o ritrovati; illustra progetti riusciti e non riusciti d’insediamento abitativo; tratteggia le reazioni dei livornesi – fra orientamento dei partiti e condotta degli enti locali, passioni rosse e vibrazioni risorgimentali – all’arrivo di persone perlopiù disoccupate e bisognose, nonché animate da sentimenti politici diversi da quelli prevalenti in zona.